Riforma Cartabia e correttivo: nuove criticità per l’attore nel processo civile post D.Lgs. 164/2024

A cura di Gianni Cecconi, Associate

Come noto, la riforma Cartabia ha, in concreto, “rivoluzionato” le regole del giudizio civile ordinario e ha richiesto un notevole sforzo ad avvocati ed operatori del diritto, abituati a godere del  “paracadute” offerto da scadenze ad ampio respiro, e che invece ora si ritrovano catapultati in un sistema improntato ad una logica anticipatoria, che concentra – in un tempo assai breve e ridotto rispetto al passato – l’attività deduttiva delle parti prima dell’udienza di comparizione.

Di fatto, abbiamo assistito a una notevole contrazione dei termini nella fase introduttiva del processo, con scadenze più ravvicinate e incalzanti, rispetto al regime previgente, in relazione alla costituzione del convenuto[1] e al deposito delle memorie integrative[2].

Sull’argomento si sono susseguiti commenti autorevoli, polemiche e “consigli” su eventuali correttivi, ma è solo scontrandosi con il caso concreto che il singolo professionista riesce concretamente a rendersi conto di ciò che, evidentemente, ancora non “funziona”.

 

Le lacune della riforma e il potenziale vulnus del diritto di difesa dell’attore

Nonostante il rito Cartabia abbia subito diverse integrazioni e correzioni – si pensi da ultimo alle novità del D.Lgs. 164/2024, vigente dal 26 novembre 2024 – persistono tutt’ora delle lacune normative che rischiano di generare un vulnus nel diritto di difesa dell’attore.

Ed infatti il legislatore non sembrerebbe avere ancora affrontato il problema – certamente eventuale ma tutt’altro che remoto – di come e soprattutto quanto incida la costituzione del convenuto oltre i termini di rito o – nella peggiore delle ipotesi – a pochi giorni dalla scadenza per il deposito della prima memoria integrativa, in relazione alle concrete possibilità per l’attore di avere il tempo necessario per rispondere compiutamente alle eccezioni di controparte.

Si immagini che uno dei convenuti non si costituisca entro il termine di 70 giorni prima, ai sensi del novellato art. 166 c.p.c., dell’udienza indicata in citazione e pertanto, all’esito delle verifiche preliminari ex art. 171 bis c.p.c., sia dichiarato contumace; si immagini poi che la parte provveda a costituirsi in giudizio tardivamente, a ridosso della scadenza del termine per il deposito della memoria 171 ter c.p.c., versando in atti una corposa comparsa di costituzione e risposta e numerosi documenti.

È evidente che, a fronte di tale tardiva (per quanto perfettamente legittima) costituzione, e in vista dell’imminente scadenza del termine per il deposito della prima memoria, parte attrice dispone di un tempo estremamente ridotto per esaminare le difese avversarie e la copiosa documentazione allegata all’atto costitutivo, un tempo che risulta tanto più irragionevole quanto più complessa è la materia trattata.

 

Costituzione del convenuto e possibile lesione del contraddittorio

Il nocciolo della questione è proprio questo, ossia la facoltà per il convenuto di costituirsi in giudizio sino all’udienza di rimessione in decisione, con l’unica conseguenza di incorrere nelle decadenze di cui all’art. 167 c.p.c.; nulla, tuttavia, gli vieta di costituirsi a ridosso del termine per il deposito della prima memoria integrativa, così di fatto precludendo all’attore di avere un congruo termine per poter puntualmente contestare le difese avversarie ed eventualmente valutare se precisare o modificare le proprie domande con la prima memoria ex art. 171 ter c.p.c.

Una simile impostazione determina un evidente squilibrio tra le parti e, soprattutto, un’iniquità di fondo, con l’attore esposto a un significativo pregiudizio e il convenuto libero di avvantaggiarsene senza limitazioni e vanificare le verifiche preliminari effettuate dal Giudice ex art. 171 bis c.p.c., funzionali a valutare l’opportunità di differire o confermare la data di udienza, differimento che, invero, è previsto proprio a tutela del diritto di difesa delle altre parti.

Se non altro la tutela del contraddittorio costituisce un principio cardine irrinunciabile, come si evince dalla lettura della Relazione illustrativa al D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 (cfr. pag. 27, lett. i): “. . . Invero, in un sistema che aspira a realizzare il canone della concentrazione, e per il quale dunque, salvi i rari casi di chiamata del terzo da parte dell’attore, all’udienza la causa deve tendenzialmente sempre giungere con il perimetro del thema decidendum e del thema probandum già definito, così da consentire al giudice di poter valutare al meglio quale direzione imprimere al processo (effettuare il tentativo di conciliazione, disporre il mutamento nel rito semplificato, ammettere le prove e procedere alla relativa assunzione), non era possibile immaginare che il giudice fosse chiamato a compiere tutte le verifiche preliminari di sua competenza all’udienza stessa. Nel rispetto della finalità perseguita dalla delega si è pertanto ritenuto che, scaduto il termine di cui all’art. 166 per la costituzione del convenuto, il giudice istruttore abbia comunque a procedere entro un termine ravvicinato (i successivi quindici giorni) a tutte le verifiche d’ufficio che, nel loro insieme, sono funzionali ad assicurare la regolarità del contraddittorio”.

Posto che le verifiche preliminari sono funzionali a garantire il contraddittorio e posto che tali verifiche, a tal fine, sono svolte solo dopo la scadenza del termine per la costituzione del convenuto, giocoforza non può ammettersi che le conseguenze della tardiva costituzione ricadano sulle altre parti in causa impedendo loro, così, di approntare adeguatamente le proprie difese.

 

I possibili correttivi

Il tema trattato offre uno spunto di riflessione sulla necessità che il legislatore, auspicabilmente in tempi brevi, rafforzi il potere di intervento del Giudice anche dopo l’emissione del decreto ex art. 171-bis c.p.c.. In particolare, sarebbe opportuno attribuirgli la facoltà di sanzionare la condotta della controparte ai sensi dell’art. 116 c.p.c. laddove questa, violando i termini di legge, frustri il diritto di difesa dell’attore, o in alternativa si potrebbe valutare l’opportunità di consentire all’altra parte una rimessione in termini “automatica”, magari ipotizzando di “normare” un limite al periodo intercorrente tra l’effettiva costituzione del convenuto (ancorché tardiva) e la scadenza della prima memoria integrativa (ad esempio, prevedendo che non possa essere inferiore a 30 giorni).

In sostanza, si tratterebbe di minimi interventi normativi che garantirebbero non solo l’equità del processo e il diritto di difesa delle parti, ma avrebbero effetti riflessi anche sul lavoro dei difensori.

[1] 70 giorni prima della data di udienza indicata dall’attore nell’atto di citazione, a fronte dei 20 giorni di cui alla vecchia versione dell’art. 166 c.p.c.

[2] Rispettivamente da depositarsi la prima memoria 40 giorni prima dell’udienza di comparizione delle parti, confermata o differita con il provvedimento 171 bis c.p.c., la seconda memoria 20 giorni prima dell’udienza e la terza memoria 10 giorni prima dell’udienza.

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